mercoledì 28 novembre 2012

Come rain, come shine

Cari fedifraghi,
il film di oggi è del 2011, per la regia di Lee Yoon-ki, regista non giovanissimo e con una filmografia un po' scarna. Approda per la prima volta su FCI con un film sperimentale, che ha suscitato sentimenti discordi nella platea.
Ha avuto un discreto successo nel nostro gruppo, ma è stato stroncato alla mostra del cinema di Berlino e dalla prestigiosa rivista americana Hollywood reporter. Da un lato c'è chi l'ha trovato un po' inconcludente, e troppo lento, dall'altro è stato giudicato una prova di stile, molto (forse troppo) improntato all'estetica. Sta di fatto che già nel dialogo iniziale di nove minuti (nove!) di puro cazzeggio, le regole del gioco sono ben chiare: si tratta della drammatica fine di una storia d'amore durata cinque anni. La parte strana è che quello che racconta la storia e quello che raccontano i personaggi con la loro recitazione, sono agli antipodi.
Lei tra una chiacchiera e l'altra annuncia la fine del loro rapporto e il suo imminente trasferimento a casa di un altro uomo e lui, con estremo distacco, si propone di aiutarla a fare i bagagli. Questa estenuante presa diretta in tempo reale delle ultime tre ore insieme della coppia, compensa l'apparente mancanza di emozioni da parte dei protagonisti, con le immagini e la regia.
Una regia che affiora poderosa dalle immagini e sposta l'attenzione dello spettatore sulla casa, che diventa la vera protagonista di questo tracollo emotivo. Una casa grande e bella che sotto l'uragano che imperversa al di fuori, sembra cedere. Perde le sue forze e comincia a piangere quelle lacrime che agli attori sono negate. Invece che stucchevoli flashback di vita di coppia quotidiana, appare lei, la casa, con le stanze immerse nella luce e nel silenzio di un'estate tropicale. Pochi secondi per riempirti il cuore di serenità e poi di nuovo nel presente, con la tempesta e i rumori ambientali assordanti. Nelle stanze più interne, come il bagno e la cucina, c'è sempre acqua che scorre. Poi a un certo punto, un gattino che si è smarrito compare in giardino. Gli umani lo portano in casa e quello sparisce, non prima di aver ferito la mano i lui, provocando una reazione esagerata nella donna. forse perché è questo il punto: ferirsi. Alla fine sarà il gattino a fornire la chiave di lettura del film e del suo finale sospeso, non per niente il romanzo a cui è ispirata la sceneggiatura, s'intitola A Cat that Cannot Return dello scrittore giapponese Inoue Areno. 

Lim Soo-jung, la protagonista, torna a deliziare tutti quelli che come noi l'hanno amata in Two Sisters e che la ameranno in I'm a cyborg but that's ok.

Hyun Bin, bello e impossibile, recita prevalentemente con lo sguardo, ma vale più di mille parole.

TRAMA: Un architetto e un'editrice, sono marito e moglie. Lei si innamora di un altro uomo e decide di troncare la relazione. Il giorno in cui lei dovrebbe lasciare per sempre la casa nella quale hanno vissuto per cinque anni, si scatena una tempesta che taglia le vie di comunicazione con il mondo esterno e costringe i due protagonisti ad un confronto forzato. Al sicuro nell'occhio del ciclone, i due si evitano, si osservano, cercano di capire cosa sia giusto per la loro vita...

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Buona visione.

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